Lo vogliamo dire, in modo definitivo, che non abbiamo più scuse? Vogliamo trovarlo il coraggio, una volta per tutte, di ammetterlo? L’orologio meccanico ha perso la sua funzione originaria perché, come dice anche Giulio Papi, direttore tecnico di Audemars Piguet (Renaud & Papi) e celeberrimo creatore di alcuni tra gli orologi più fantascientifici di sempre, ormai da almeno un decennio – ovvero da quando abbiamo per le mani il telefonino – non serve più per leggere l’ora. Quando qualcuno, non appassionato, in merito al segnatempo che hai allacciato al polso, ti chiede: “Perché costa tanto?”. In imbarazzo, tu bofonchi risposte poco plausibili, magari su aspetti tecnici, di produzione o altro ancora. Questo perché il nostro errore sta nella prospettiva che è sbagliata…
Nessuno, infatti, chiede al possessore di un’opera di Giacomo Balla, Mario Schifano o Giorgio Morandi perché lo ha pagato così tanto quel quadro… Anche perché la risposta sarebbe semplicissima: “Perché è bello e mi piace da impazzire!”
Diciamolo, allora, che la nostra passione o, per essere più precisi, la nostra “malattia”, non può essere spiegata con la razionalità legata ad un semplice prodotto commerciale (anche se l’orologio, come un dipinto in vendita o come un romanzo pubblicato da Einaudi è anche questo, ovviamente). L’orologio meccanico, nel 2010, non serve per leggere l’ora, “serve” come opera d’arte portatile. È l’espressione del nostro gusto estetico del tempo che scorre. A casa hai i quadri appesi alle pareti e al polso hai un’opera d’arte meccanica. È così che funziona.
Spesso sento dire: “Non comprare quell’orologio perché quando lo rivenderai sarà un un bagno di sangue”. Mi dispiace sentire questa frase, perché probabilmente è corretta dal punto di vista economico, ma è triste da quello della realizzazione di un sogno. Se comprerai un orologio perché te lo immagini al polso anche di notte, se lo comprerai per coronare un tuo successo lavorativo o per celebrare un anniversario importante, ecco, in questi casi, non sarà mai un “bagno di sangue” perché non ti passerà mai per la testa di rivendere un “monumento” a te stesso, al tuo lavoro, alla tua famiglia… che in più, a differenza di un’opera del Futurismo, segna anche l’ora!
Michele Mengoli
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La passione per gli orologi meccanici è una specie di malattia. Non è grave, ma affligge molti esseri umani. Non è il segnatempo di per sè l’oggetto del desiderio di affezionati estimatori. Ad attrarre interesse degli appassionati, sottoscritta compresa, è quel mix di sapienza artigiana, tecnica e design che fa di un orologio una vera e propria opera d’arte indossata al polso.
Al confine tra arte e artigianato, dietro ad un segnatempo o ad una complicazione, si snodano brillantemente antichi i mestieri. Essi coniugano manualità e progettualità in una sintesi creativa che ha per fine, sempre, l’eccellenza.
Soraya SCHIEL GIANNINI
Les Ambassadeurs
Soraya: una di noi!