A ventidue anni mi regalarono un Rolex usato. Insieme a lui la sicurezza mi sembrava arrivare anche dal polso; prima di quel giorno non aveva un posto così mirato: poteva essere nella marca dei jeans come nelle battute che facevano ridere gli amici.
Quell’orologio non segnò né il motivo, né l’esatto inizio della mia passione. Quando ti accorgi di averne una oramai ci sei dentro fino al collo… A metà anni ’90 cercavo di comprare, oltre oceano e a buon prezzo attraverso la rete, qualche cronografo vintage con i tasti a oliva: mi sentivo un esperto.
Gli anni passarono veloci uno dietro l’altro, ma dentro di me era iniziato un mutamento lento ed inarrestabile: oggi mi interessa di più capire come funziona uno di questi oggetti che possederlo, vedere e conoscere le persone che l’hanno progettato e costruito.
Possiamo ascoltare tante voci, ma per quanto la lotta per accaparrarsi ogni singolo consumatore sia diventata oggi quasi un corpo a corpo che si combatte su mille ring mediatici, nessuno alla fine rappresenta una scelta migliore su l’altra.
Il mercato può dar ragione a chi nell’orologio dà importanza ad un fattore di moda e di status, a chi pensa solo a quanto varrà se un giorno vorrà venderlo, a chi ricerca un oggetto unico fuori dalla norma al di la del prezzo. Basta che nessuno creda che la scelta per cui opta sia universale.
Recentemente ho letto di posizioni irremovibili di grandi Maison che, cercando di difendere i loro interessi, classificano oggi “vera Alta Orologeria” solo tutto quello che ha forme e contenuti che provengono dal passato, snobbando le visioni futuriste di alcuni artigiani del tempo che interpretano la meccanica da polso con soluzioni e design innovativi.
Oggi tutti quando progettano un nuovo segnatempo usano un programma CAD o un software in grado di simulare il funzionamento di una complicazione; solo perché alcuni rispecchiano nell’aspetto il passato, dovremmo giudicarli come gli unici adepti a far parte di questo mondo?
Sempre ai giorni nostri un movimento meccanico da polso può arrivare ad avere fino a oltre 1.400 singoli pezzi, pensate che questo significhi essere legati alla tradizione? Eccezionale, ma è un risultato ottenuto anche grazie ai mezzi che abbiamo oggi a disposizione.
Quando Breguet inventò il tourbillon lo disegnò su carta con penna e calamaio e ne simulò il suo funzionamento solo nella sua testa: fu un genio anche per questo. Si spinse nell’innovazione oltre ai suoi mezzi. Sono fatti come questi che fanno la differenza. E allora siete sempre convinti che la fantasia e l’inventiva, per far parte di una casta come questa, debbano essere incatenate?
“La verità è che se Breguet fosse vissuto ai nostri giorni, avrebbe inventato un orologio al quarzo!” (dalle parole di un amico che opera oggi nell’Alta Orologeria!)
contaminuti
Complimenti al tuo amico, contaminuti! Penso che la frase sia ironica, ma azzeccatissima!
Ciao Ale, ironica… neanche tanto: è riferita proprio all’atteggiamento conservatore di quelle Maison (come scritto nell’articolo) che nascondendosi dietro la classicità credono di poter decidere “oggi” ciò che debba appartenere o meno all’Alta Orologeria. Breguet avrebbe proprio inventato l’orologio al quarzo… non perchè non attratto dalla meccanica, ma perchè era troppo avanti! Infatti egli non “reinterpretò” orologi che i suoi colleghi avevano fatto 100 anni prima, inventò complicazioni e soluzioni tecniche totalmente nuove, talmente “in avanti”, da essere ancora oggi attuali dopo più di 200 anni. Ancora convinto che si trattava di una frase ironica? Ciao!
Infatti, contaminuti…
Ho perfettamente carpito il senso della frase, tant’è che l’ho definita “azzeccatissima”, ma suscita un sorriso pensare ad uno dei “papi” dell’haute horologerie che si cimenta in quello che adesso non viene quasi neppure considerato dagli appassionati!