Il suo nome significa “opera del tempo” e quando anni fa l’ho visto per la prima volta sono rimasto parecchio in silenzio a domandarmi cosa ne pensavo. Soprattutto, percependolo come qualcosa di insolito ma di molto importante, mi sforzavo di riuscire a capirlo. L’oggetto di questa prima recensione del 2017 che va online il primo gennaio è un Zeitwerk messomi a disposizione da Pisa Orologeria, un segnatempo che sino a che non lo conosci fai fatica a credere che si tratti di un Lange. Una volta superato questo step realizzi istantaneamente che è solo un altro capolavoro uscito dall’edificio sito in Ferdinand-A.-Lange-Platz no. 1 a Glashütte.
A. Lange & Söhne Zeitwerk
Se osservi le collezioni Lange, create da una delle due manifatture che più hanno scritto la storia dell’orologeria tedesca, non prevedono alcun elemento che non sia strettamente legato alla tradizione sassone. Forse l’unica nota non proprio appartenente alla visione di Glashütte è la versione ultrapiatta del Saxonia uscita nel 2012; tuttavia i 2,9 mm di spessore del Calibro L093.1 sono come al solito ben eseguiti e, nella pur sua estrema sottigliezza che ci rimanda alla scuola elvetica, sono conservati tutti i crismi dell’orologeria nata tra gli ex monti metalliferi a una trentina di chilometri da Dresda.
Ampi quadranti da mozzafiato che arrivano direttamente dagli storici orologi da tasca prodotti nel piccolo borgo sassone a partire dalla metà del XIX secolo, movimenti meccanici costruiti ancora oggi come un tempo, con architetture pensate per sfiorare l’eternità. Accurate finiture come incisioni, smussi e lucidature dove se li osservi frontalmente è facile scorgere i particolari del tuo volto. Questa è nient’altro che la visione che A. Lange & Söhne ci ha mostrato a partire dal 1990 dopo oltre 40 anni di inattività. Ed è la stessa dopo che sono passati altri venticinque anni e così sarà per sempre. È Alta Orologeria sassone, una stella nel firmamento orologiero.
E lo Zeitwerk? È un Lange che per la sua natura così diversa la Maison non poteva che tirar fuori se non a attività super avviata, ma che tratta di una parte troppo importante della storia di famiglia per non essere raccontata e ovviamente attraverso un segnatempo.
Da uno storico orologio digitale
Trae la sua ispirazione direttamente dall’orologio digitale a 5 minuti costruito nel 1841 da Johann Christian Friedrich Gutkaes, socio in affari e suocero di Ferdinand Adolph Lange, per il teatro Semperoper di Dresda. È andato distrutto nel 1869 a seguito di un terribile incendio che ha completamente devastato tutto l’edificio.
Prontamente ricostruito, oggi è ancora li sopra il palco a compiere il suo dovere di scandire il tempo con i suoi chiari numeroni appositamente li per essere visti bene anche da lontano.
Per quanto lo Zeitwerk trattandosi di un segnatempo meccanico, e essendo un Lange, a molti verrebbe naturale considerarlo “analogico” è invece al 100% un orologio digitale. Infatti si dice orologio digitale un segnatempo che indica il tempo con variazioni nette altrimenti chiamate sequenze o come si dice in orologiese “salti”. Tutto questo è stato spiegato con vari esempi in un articolo da Michele cui lascio di seguito il link.
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E adesso partiamo. Lo Zeitwerk è un orologio top; probabilmente se avessi “l’unica occasione” di comprare un pezzo da 90 non so se lo sceglierei, ma ora che dopo quasi otto anni dalla sua uscita lo conosco piuttosto bene sai come lo reputo.
Ore e minuti sono digitali mentre i piccoli secondi a ore sei mantengono sul quadrante quel pizzico tradizionalista che non guasta affatto, anzi, che ci tranquillizza. Essi danno un fondamentale effetto di movimento, una prerogativa che sappiamo essere di serie solo nel tempo analogico.
Dicevo ore e minuti sono indicati tramite tre dischi: uno per le ore e due per le unità dei minuti. Anima meccanica o no essi saltano istantaneamente grazie a una tecnologia brevettata da A. Lange & Söhne.
È un solotempo a carica manuale con riserva di carica neppure eccezionale (36 Ore), ma dentro al Calibro L043.1 ci sono ben 415 elementi tutti rifiniti alla perfezione. Solo per dare un’idea della complicazione di questo movimento, per poter muovere i tre dischi e farli scattare come farebbe un display a cristalli liquidi, la sua forza di carica sarebbe in grado di sollevare 5 Kg!
Esteticamente non si discute. Se ti piace portarti al polso un pezzo di storia antecedente alle gesta di Ferdinand Adolph Lange, colui che fondò la manifattura e insieme ad altri illustri nomi diede inizio alla leggenda sassone, è l’orologio perfetto.
Anzi, accettato che spendendo 74.500 Euro – che è il prezzo di listino di questa versione recensita – si deve fare a meno di complicazioni classiche come un tourbillon o un calendario perpetuo, questo Lange è di nuovo un best buy perchè si tratta comunque di un’interpretazione di Alta Orologeria davvero unica.
La cassa nella versione che vedi – la Ref. 140.029F – è in oro bianco. Il quadrante per le varianti con metalli preziosi di tonalità chiara come questo Zeitwerk – platino incluso – è solitamente nero. In mezzo troviamo il così chiamato “ponte del tempo”, una struttura che ingloba i due indicatori di ore e minuti digitali e i piccoli secondi alle 6.
Le sue misure sono congrue: 41,9 mm di diametro e 12, 6 mm di spessore che sottolineano, ma non avrei potuto davvero mai immaginare valori più sottili, l’anima orologiera sassone. A ore 12 c’è l’indicatore di riserva di carica identificata in tedesco con AB (carico) AUF (scarico).
Tornando al movimento L043.1 questi per far scattare istantaneamente i tre dischi è davvero assai sofisticato. In pratica per riuscire in questa ardua impresa meccanica gli orologiai Lange hanno piazzato uno scappamento speciale che si integra tra la molla del bariletto (quella capace di fornire 5 kg di spinta) e il regolare scappamento. Tra l’altro è presente pure un meccanismo di forza costante che funziona sullo stesso principio di quelli che non fanno mai mancare energia all’organo regolatore. Questo dettaglio serve ad avere il massimo della potenza alla fine di ogni minuto per muovere, 1, 2 o addirittura 3 dischi come dei fulmini.
Ora che sai come funziona uno Zeitwerk, che te ne pare?
Quando dopo aver osservato il suo quadrante scattare ti senti in debito di tradizionalità, capovolgilo e… ti si aprirà davanti ai tuoi occhi un mondo meccanico incantato.
Osserva la platina chiusa a ¾ i castoni dei rubini d’oro, le viti azzurrate. Non ti basta? Allora guarda come sono lavorati il coperchio del bariletto , il ponte filigranato che sorregge il regolatore micrometrico a collo di cigno, dove ti ci puoi specchiare, e continuando cogli smussi e bisellature varie ovunque.
Non per tutti, A. Lange & Söhne Zeitwerk proprio per merito della stranezza della sua rappresentazione del tempo potresti invece indossarlo in qualsiasi occasione. Alla domanda: “com’è fatto?” puoi prenderti tutto il tempo che vuoi per spiegarlo, ma solo se il tuo interlocutore vedendolo allacciato al polso non si è lasciato scappare prima: “Bello! È al quarzo?”.