Il magazine online di Orologi di classe

Dal diario di un orologiaio

Un appassionato sogna e immagina la giornata di un orologiaio

di Massimo Scalese 3 MIN LETTURA

 

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(Prima pubblicazione: 29 giugno 2009) Sono le cinque del mattino e il suono della sveglia interrompe bruscamente i miei sogni: ecco, da sempre, inizia così la mia giornata! Fuori le prime luci dell’alba già rischiarano i tetti ed una piacevole brezza arriva dal Lago e mi punge il viso. In lontananza sento il canto degli uccelli che si danno già da fare prima che arrivi l’afa del giorno: siamo alla fine di Giugno e l’estate sembra più calda del solito! Il mio cane, nonostante sia ancora presto, già mi guarda con occhi supplichevoli credendo sia Domenica; invece è un altro giorno di lavoro come tanti…

Preparo il caffè e intanto inizio a vestirmi, facendo ben attenzione a non svegliare il resto della famiglia.

Quando finalmente riesco ad andar via di casa sono passate le sei e la strada che porta da Neuchâtel a La Chaux-de-Fonds è ancora bagnata dalla rugiada: mentre sono al volante, la mia mente si perde nel verde degli alberi e il lago si fa sempre più lontano alle mie spalle.

Un quarto alle sette: ancora un altro caffè, questa volta in compagnia dei miei colleghi, tra battute e risate sui nuovi acquisti dello Xamax, preoccupati per il prossimo campionato ma fedeli come sempre. Indosso la mia cappa bianca e salgo sul mio sgabello: ecco, sono pronto ad iniziare il mio lavoro di “orologiaio”!

In alto sul banco c’è tutto un mondo che mi aspetta: il mio compito è quello di assemblare i componenti che formano la gabbia di un tourbillon, minuscoli elementi che insieme pesano poco più di un grammo. La mia mano deve essere ben ferma nel seguire uno schema predefinito e i miei occhi ben vigili nel non sbagliare: quello che si aspetta da me la Maison è infatti dare una forma alla precisione. Non a caso, questa gabbia insieme ad altre diventeranno il cuore pulsante di alcuni nostri orologi.

Ritorno con i piedi per terra e tra brevi soste di circa 15 minuti ognuna ad intervalli di due ore arrivo fino alla pausa pranzo della durata di un’ora: un’insalata mista e del formaggio con pane tostato mi rimettono in forma per finire il lavoro del pomeriggio. Prima di rituffarmi tra lenti, ruote ed ingranaggi dò una rapida occhiata fuori dalla finestra ai pascoli che, come me, continuano a scandire la propria giornata su ritmi lenti e ripetitivi.

Alle 16 sono di nuovo alla guida della mia auto, sulla strada che mi riporta a casa, dove mi attende mia figlia Catherine. Prima di cena, trovo sempre un po’ di tempo per portarla al parco giochi insieme a Lack, il mio fedele pastore bernese. Rientriamo a casa e a tavola mi aspetta stufato di patate: una piccola birra è il massimo che posso permettermi: le mie mani infatti domani dovranno essere ancora ben salde! In salotto sento la TV trasmettere un cult movie ma io rimango a leggere il mio romanzo preferito sulla poltrona mentre Lack si accoccola sui miei piedi.

Dalla finestra aperta la brezza della sera s’insinua leggera tra i miei capelli; sento le palpebre pesanti e mentre gli occhi si chiudono da soli sorrido ripensando alla mia “creatura” che proprio oggi nel mio laboratorio ha preso forma e che ancora lì, sul mio banco, meritatamente riposa.

(dall’immaginazione di un appassionato)

contaminuti

 

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