Quando nel 1926 Hans Wilsdorf fondò il marchio Tudor aveva previsto per lui un percorso segnato da orologi svizzeri della stessa qualità di Rolex ma più abbordabili.
Solo che in più occasioni, come per i famosi Oyster Prince Submariner realizzati per subacquei professionisti e per i reparti della Marina francese e americana, che toccarono il culmine nel 1969 con quadranti inediti e le famose lancette “snowflake”, il fratello minore rischiò di oscurare la fama del maggiore.
Nel 1970 Tudor lanciò il suo primo cronografo chiamato Oysterdate, l’orologio che aprì la strada a mezzo secolo di cronografi di successo realizzati dal marchio con lo scudo.
Mosso dal calibro Valjoux 7734 a carica manuale con smistamento delle funzioni cronografiche tramite camme, con data alle 6 e due contatori, la sua cassa in acciaio offriva una scala tachimetrica che lo faceva somigliare molto ai Daytona, ma con un quadrante dal design insolito iniziò in silenzio a costruire la sua grande personalità.
Tudor realizzò tre varianti di cronografo, ciascuna caratterizzata da una diversa lunetta.
Nella referenza 7031 la lunetta era rivestita da un disco di plexiglas con una scala tachimetrica graduata su base 500, utilizzata in particolare per calcolare la velocità oraria media tra due punti a prescindere dall’unità di misura.
La referenza 7032 invece presentava una lunetta in acciaio satinato, anch’essa con una scala tachimetrica di 500 unità incisa. La terza, 7033, aveva una ghiera girevole bidirezionale con un disco nero graduato da 12 unità in alluminio anodizzato ma questo modello non è mai andato oltre la fase di prototipo.
I quadranti di queste prime tre referenze erano offerti in due tinte, grigio e nero. Su di essi spiccavano anche insoliti indici luminosi pentagonali che i collezionisti soprannominarono “home plate” (letteralmente “casa base”) in riferimento alla posizione di casa su un campo da baseball che ha la stessa forma.
Infine – come si può notare bene nella foto subito in alto – il contatore dei minuti del cronografo possedeva una scala da 45 minuti, versione più rara rispetto alla più comune da 30 minuti.
Seconda generazione: arriva il Montecarlo
La seconda generazione di cronografi Tudor è stata lanciata nel 1971 ed è rimasta a catalogo sino al 1977. Soprannominato Montecarlo per i suoi quadranti che riprendevano l’aspetto di una roulette, i cronografi della serie 7100 hanno conservato la stessa cassa dei loro predecessori, come la configurazione del quadrante, ma a un certo punto il movimento è cambiato.
Dal 1974 invece del Valjoux 7734, i cronografi della serie 7100 erano equipaggiati con il nuovo calibro Valjoux 234 sempre a carica manuale. Il nuovo movimento offriva un meccanismo di cronografo molto più sofisticato governato da ruota a colonne con frizione a innesto verticale.
In questa serie è stata introdotta una nuova combinazione cromatica: il blu di Tudor con quadrante blu e grigio e due tipi di ghiere coordinate con il blu.
Questa generazione consisteva in tre cronografi. La referenza 7149/0, con la lunetta in plexiglass e la scala tachimetrica, ha sostituito nel catalogo la referenza 7031/0. La referenza 7159/0, con la sua lunetta in acciaio satinato e la scala tachimetrica incisa ha sostituito la 7032/0, mentre la 7169/0 trasformò in realtà la versione con ghiera girevole introdotta dal prototipo 7033/0.
Terza generazione: “Big Block” a carica automatica
Nel 1976 Tudor presentò una nuova collezione di cronografi che rappresntò un’importante svolta.
Questi nuovi Prince Oysterdate sono stati i primi cronografi Tudor dotati di movimenti a carica automatica.
Mentre la cassa ha mantenuto lo stesso design delle precedenti famiglie, lo spessore è aumentato per accogliere il maggiore ingombro del movimento a carica automatica munito di rotore guadagnandosi così il soprannome dato dai collezionisti di “Big Block”. Questo look venne mantenuto anche quando fu introdotta la serie 79100 nel 1989, dopo aver subito solo modifiche minime.
Come per le famiglie precedenti la serie 9400 era composta da tre referenze. Ancora una volta era la lunetta a fare la differenza tra i Big Block della serie 79100. Allo stesso modo, erano disponibili diverse varianti di quadrante.
Questi presentavano due tendenze estetiche: una ispirata ai quadranti delle due serie precedenti, l’altra “Panda” che sottolineava il forte contrasto tra quadrante e contatori con combinazioni in bianco e nero o argento e bianco.
Il movimento che animava la terza serie era lo straconosciuto e oggi ancora largamente utilizzato per un contatore di terzi calibro Valjoux 7750. Questi aveva lo stesso diametro del Valjoux 234 a carica manuale ed era più speso di soli 1,5 mm. Purtroppo la sua adozione segnava il ritorno al meccanismo del cronografo azionato dalle meno morbide e meno istantanee camme.
Con l’arrivo del Valjoux 7750 cambiava anche il quadrante cui ora si aggiungeva il contatore delle ore, con l’intero gruppo che ruotava di 90° a sinistra per lasciar posto alla nuova posizione della data alle ore 3.
Il Cronografo Tudor brilla con il vetro zaffiro
Il 1995, con l’introduzione della serie 79200, segna l’introduzione della seconda generazione di cronografi Prince Oysterdate automatici.
La cassa che nel corso delle tre precedenti edizioni aveva mantenuto lo stesso aspetto diventa ora più morbida e arrotondata.
Quella che è comunque la quarta generazione presenta l’introduzione di un vetro zaffiro nonché di nuove versioni in acciaio e oro e con un cinturini in pelle. Il movimento è sempre il calibro Valjoux 7750. La serie 79200, seguendo quella che diventerà la regola ferrea di mamma Rolex dei “piccoli ma continui miglioramenti”, concentra tutti gli interventi sull’estetica.
Lo scudo torna nel passato con gli Heritage Chrono
Dopo qualche anno trascorso un po’ nell’oblio con i cronografi Iconaut, nel 2010, in occasione del 40° anniversario del suo primo cronografo Tudor lanciava il modello Heritage Chrono.
Questo segnatempo presenta un design che adotta i principali stilemi della celebre referenza 7033, (NDR il prototipo del 1970 con ghiera girevole) fondendoli con numerosi dettagli sottili e unici come gli angoli smussati e lucidi delle anse, le spallette protettive della corona lucide, il profilo zigrinato sulla lunetta girevole e sui pulsanti del cronografo.
Arrivano due nuovi quadranti, ispirati a quelli offerti ne1 1970: grigio con contatori neri o, inverso, nero con contatori grigi. Mentre gli indici pentagonali – o “home plate” – nella prima edizione erano originariamente dipinti, nella versione 2010 sono applicati.
Per questa serie revival, oltre al bracciale in acciaio, Tudor offre un cinturino in tessuto jacquard nero, grigio o arancione. È la prima volta e queste varianti verranno adottate anche in altre varianti.
Nel 2013 il marchio lancia una nuova versione di questo modello con un quadrante con tocchi di blu, il cronografo Heritage Chrono Blue. Oltre al colore, questo nuovo modello presenta un quadrante ispirato alla seconda generazione di cronografi Tudor lanciati nel 1971, i famosi Montecarlo.
Il movimento dietro questi modelli era un calibro ETA 2892, collaudato calibro progettato nel 1975, con contatore dei minuti con scala di 45 minuti e la data alle 6 come per la prima serie.
Cronografo Fastrider in ceramica
Sempre nel 2013 Tudor ha lanciato il Fastrider Black Shield, un cronografo nero opaco molto sportivo che ha segnato una rottura con il look tradizionale del marchio.
La cassa in ceramica high-tech monoblocco spinge i crono della Maison nel futuro. Spigoloso, era stato realizzato in partnership con la Ducati in occasione del lancio della Diavel Carbon. Era il frutto di competenze tecniche di alto livello e, sorprendentemente, molto competitivo nel prezzo costando meno della metà di altri cronografi sportivi in ceramica presentati a Baselworld di quello stesso anno.
Il suo movimento meccanico a carica automatica era il calibro 7753 governato a camme e la data alle 4.30 con data a scatto rapido regolabile da un correttore posizionato sulla cassa alle 9. Si poteva scegliere tra un cinturino in pelle nera opaca con impunture bianche o in gomma nera.
Black Bay Chrono con movimento proprietario
Nel 2017 il Black Bay Chrono – attualmente in vendita – ha affiancato l’attitudine acquatica della collezione Black Bay, altra eccellenza di Tudor, con la funzione di cronografo.
Il cuore di questo cronografo è il frutto di una collaborazione di due marchi che hanno scritto gran parte della storia dei cronografi.
Derivato dal calibro Manufacture Breitling 01, il movimento Manufacture MT5813 che anima il Black Bay Chrono presenta prestazioni di tutto rilievo per la sua fascia di prezzo: riserva di carica di 70 ore, molla del bilanciere in silicio, certificato di cronometro rilasciato dal COSC, funzioni cronografiche governate da ruota a colonne con frizione a innesto verticale.
L’anno in cui è stato lanciato si è aggiudicato al Grand Prix d’Horlogerie de Genève il premio per il miglior orologio con costo inferiore a 8000 franchi svizzeri.
Nel 2019 ho recensito il Black Bay Chrono S&G, per me sinora il modello più riuscito della collezione.
Come sarà il nuovo cronografo Tudor 2020?
La pandemia ha steso un clima di incertezza sulle date di presentazione, ma com’è logico che sia visto il giubileo dei cinquant’anni il cronografo che Tudor presenterà nel 2020 sarà un modello molto altisonante.
Proprio un paio di giorni fa Rolex ha smentito le voci che indicavano come molto probabile una presentazione di alcune novità 2020 dei due marchi del gruppo alla fine di aprile.
Dopo la mossa di tre anni fa che ha visto Tudor offrire il calibro MT5813, il 2020 potrebbe essere l’anno giusto per lanciare un calibro 100% proprietario prodotto da Kenissi, cui a Ginevra possiedono la maggioranza delle quote con le restanti azioni di proprietà Chanel.
Io dico che si ispirerà al primo cronografo Oysterdate e che segnerà quindi un momentaneo allontanamento come focus dalla collezione attuale Black Bay Chrono, almeno riguardo allo stile.
Da gennaio gli appassionati e i fortunati possessori dei Montecarlo e dei Big Block che oggi valgono una fortuna hanno le antenne diritte.
E tu che ne pensi?
Lascia il tuo pronostico in un commento.