Orologio a secondi morti Jaquet Droz Grande Seconde Deadbeat
Alcune complicazioni orologiere lasciano facilmente intuire il lavoro che svolgono dal loro nome. É andata così anche quando hai sentito nominare i secondi morti?
Due parole che messe vicine non sono molto invitanti. Poi quando vedi la lancetta che li scandisce uno per uno, come nel video qui sotto del Jaquet Droz Grande Seconde Deadbeat, a molti di quelli che non conoscono questa complicazione la prima cosa che viene in mente è: “questo orologio è al quarzo…”.
Nel blog Orologi di Classe abbiamo molti articoli sui secondi morti tra cui uno molto approfondito che se non l’hai ancora fatto ti consiglio di leggere. Ora rivolgendomi direttamente a tutti coloro che pensano che orologi come il Grande Seconde Deadbeat non abbiano nulla di speciale racconto un paio di storie.
Un giorno gli orologiai iniziarono a pensare che i loro amati dovevano essere in grado di misurare anche i secondi. Che non si trattasse di una necessità, ma dell’ennesima sfida meccanica (e per fortuna non l’ultima), lo dicevano gli stili di vita che erano in voga alla fine del ‘600. A quei tempi tenere d’occhio le ore era più che sufficiente.
Poi bisognava fare i conti con i limiti tecnologici. Da quando nacque l’interesse per mostrare i tempi brevi nessuno sapeva ancora che prima di riuscire a misurarli con il primo cronografo sarebbero dovuti passare ancora più di cento anni.
Grazie a un orologio a pendolo il primo passo fu riuscire a mostrarli in maniera tale da poterli contare. Un secondo è il tempo esatto che impiega un pendolo a compiere due semi-oscillazioni; la scelta di bloccare la lancetta sino a che l’evento costituito da quei due momenti sincroni non era terminato, aiutava a leggere o contare meglio lo scorrere degli altrimenti chiamati terzi. Questo è il significato pratico del termine “secondi morti”.
Detto così sembra semplice vero? Premesso che la missione principale dell’orologeria meccanica dovrebbe essere sempre di sviluppare all’infinito una complicazione tradizionale, senza mai allontanarsi troppo dal suo principio di funzionamento, è normale quindi che già nel 1720 l’orologiaio inglese George Graham, realizzava un meccanismo cui pendolo era in grado di dividere il secondo in quattro parti. Unito allo sviluppo in contemporanea di appositi scappamenti, grazie ai secondi morti la strada che avrebbe un giorno portato al cronografo era ben chiara.
Implementarli in un orologio da polso, come il Jaquet Droz che vedi in questo articolo, innesca una serie di problematiche aggiuntive che naturalmente, anche se in maniera diversa, sono state tutte risolte. Quella centrale è molto semplice:
Un pendolo fa due semioscillazioni in un secondo, che equivalgono a 7.200 in un’ora. Hai visto come la sua frequenza pari a 1 Hz sia ideale per lo scatto di una lancetta dei secondi morti. Ma visto che un movimento meccanico di un orologio viaggia normalmente a 28.800 alternanze al minuto, pari a 4 Hz, come riuscire a far scattare la lancetta secondo per secondo quando il bilanciere compie nello stesso periodo ben 8 semi-oscillazioni?
La risposta è con un modulo aggiuntivo. Un meccanismo, a volte mosso da un bariletto a parte, che senza nuocere per attrito sia allo scappamento sia alla molla del bilanciere, “emula” il movimento immensamente più lento di un pendolo. I secondi morti diventano così indipendenti. Insomma è un trucco necessario.
Gli orologiai Jaquet Droz hanno affrontato questa complicazione utilizzando per il modulo indipendente componenti in LIGA. È l’acronimo tedesco di Lithographie, Galvanoformung, Abformung ossia stampaggio litografico mediante elettroformatura, tecnica che permette di realizzare microstrutture in materiali con elevati rapporti di forma. In orologeria di alto di gamma si usa già da qualche anno quando le caratteristiche di taglio e accoppiamento si spingono ben oltre i normali limiti.
Inoltre per i secondi morti indipendenti del Jaquet Droz Grande Seconde Deadbeat è stata utilizzata una camma a 10 denti invece di una a 30 – normalmente utilizzata per i secondi morti. Unito all’accorgimento descritto prima, e a un profilo dell’ancora dello scappamento modificato, sono tutti particolari che secondo la Maison permettono di eseguire uno scatto che scandisce i secondi con una maggiore precisione.
Fermare il tempo per un attimo per riuscire a misuralo meglio, o spaccare il secondo in quattro come aveva fatto Graham, sono alcuni aspetti “sentimentali” di questa complicazione che la rendono unica.
Ora avrai capito perché:
è assurdo paragonare la lancetta di un secondi morti indipendenti a quella di un orologio al quarzo…
Comunque anche il Grande Seconde Deadbeat punta molto sugli equivoci, ma con un pizzico di ironia. Da una parte con una cassa in oro rosso di 43 mm e un ampio quadrante smaltato Grand Feu è il ritratto perfetto della tradizione orologiera svizzera.
Dall’altra nasconde il complicato Calibro 2695 SMR a carica automatica che pulsa a 21.600 alternanze per misurare con praticità il tempo, mentre quella magica lancetta centrale che scatta e si ferma con precisione chirurgica per dare il benvenuto a un nuovo secondo, potrebbe continuare la sua danza all’infinito se non lo dimentichi per oltre trentotto ore sul comodino.
Costruito in soli 88 pezzi costa 30.000 Euro. Puoi trovare altre notizie su questo orologio, elegante anche per come muove la sua sfera centrale, in questo articolo.