Gli orologi sono bravi anche a nascondere i segreti.
Non mi riferisco all’abilità di celare l’ora dietro per esempio un gioiello come nei recenti Mademoiselle Privé Bouton di Chanel, ma di circondarsi di un aurea misteriosa.
Oggi voglio parlarti del Cartier Crash un orologio che solo una delle Maison orologiere di lusso più autorevoli poteva creare.
Se lo guardi viene immediato pensare che in Cartier si siano ispirati ai famosi orologi di Salvator Dalì. L’artista li immortalò in due dipinti: il primo intitolato “persistenza della memoria” del 1931 e a seguire ne gli “orologi molli” del 1954.
Ma dietro al Crash e alle sue irregolari forme c’è dell’altro e non la solita storiella con un pizzico di magia che accompagna la maggior parte dei segnatempo divenuti famosi. Lui non è nato da una partita di polo come il Reverso di Jaeger-LeCoultre, né come l’Omega Speedmaster con l’equipaggio dell’Apollo 13 ha mai salvato delle vite.
Su di lui vi sono due leggende mai confermate che entrambe ci riportano indietro nella Londra di fine anni’60.
La prima racconta che una signora si sarebbe rivolta al centro di assistenza Cartier per chiedere di riparare il suo Bagnoire che si era danneggiato in un incidente.
L’altra dice che a metà degli anni ’60 il vice-presidente di Cartier che si trovava a Londra ebbe un grave incidente d’auto dove perse la vita. La vettura che per lo schianto aveva preso fuoco intrappolò l’uomo che portava al polso un Cartier e le fiamme ne causarono la sua liquefazione.
A seguito di questo triste episodio Jean-Jacques Cartier che all’epoca dirigeva la filiale londinese avrebbe progettato il Crash alla memoria del suo defunto alto funzionario.
Se tra queste tre tesi crediamo a quelle dell’incidente l’orologio da cui sarebbe scaturita l’idea era certamente un Cartier Baignoire Allongée – in italiano “vasca da bagno allungata”. Da sempre quel modello si distingue per la forma della cassa parecchio alta in cui il Crash ci si ritrova alla perfezione.
Comunque sia andata realizzarlo è stato una trovata geniale e che come è stato per il Tank ha generato un’autentica icona.
Il Cartier Crash venne messo in vendita la prima volta nel 1967 presso la boutique di Londra. In realtà questo segnatempo non va considerato solo per le sue forme uniche: anche la sua meccanica non era da meno. Infatti il primo modello montava un movimento a carica manuale di forma realizzato da Jaeger-LeCoultre.
Pensando a come riprenda alla perfezione ogni curva irregolare della cassa è sufficiente per capire quanto sia facile avere uno spunto ma, soprattutto all’epoca in cui i quarzi non si erano ancora visti, costruirlo dev’essere stata una bella sfida.
Evidentemente Cartier prese molto sul serio questo orologio. Di inserirci un calibro standard rotondo e lasciare dei bei buchi intorno, come spesso accadeva negli orologi di forma dell’epoca, non se ne dev’essere neppure parlato.
Fatto sta che oggi nelle aste i primi modelli toccano cifre da capogiro.
Negli anni la Maison che si è distinta anche per altri famosi orologi di forma come il Tank Asymetrique ha realizzato più versioni del suo orologio molle, tra cui per la donna e scheletrati questi ultimi sempre animati da movimenti di forma.
Nel 2018 è stata la volta di un’edizione limitata a 50 esemplari denominata Cartier Crash Radieuse. Del suo movimento 8970 MC non se ne sa molto, ma non dovrebbe essere di forma come il calibro 9618 MC che muove il modello scheletrato. Infatti è lo stesso meccanismo che anima il Cartier Libre Tank Folle anch’esso di forme irregolari ma lontane da quelle del Crash.
Concludendo, vintage o dei nostri giorni il Cartier Crash non è un orologio per tutti: a prescindere dalla sua aria misteriosa le sue forme uniche ne fanno comunque un capolavoro di creatività.
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Anche se il Crash è uno dei più iconici e ne capisco il concetto, fortunatamente non mi è mai piaciuto, visto i prezzi che batte alle aste.
Invece l’Asymétrique con le tre anse è uno dei miei preferiti in assoluto per design, indipendentemente dalla qualità del calibro.
Grazie per il commento Lorenzo!